Anche le pubbliche amministrazioni hanno bisogno del marketing

Ecco, lo dico:

A me il femminismo non mi ha mai fatto impazzire. Anzi, più di una volta lo ho trovato distante da me anni luce. Anacronistico.

Insomma, io nel femminismo non mi ci identifico, non lo sento mio. Sì, lo so che posso permettermi di dirlo solo perché non ho mai vissuto sulla mia pelle certe discriminazioni, però davvero, in poco meno di vent’anni di carriera professionale, non mi sono mai e dico MAI sentita discriminata in quanto donna. Semmai, il contrario: credo che un pochino, il mio essere donna sia stato un vantaggio, perché magari mi ha aperto qualche porta, vuoi per debolezza dei miei interlocutori, vuoi per questioni di immagine. Naturalmente, non ne ho mai approfittato, ça va sanse dir.

E comunque, se il femminismo spesso combatte degli stereotipi, altri li ignora perché fa comodo. Per l’esperienza che ho avuto io , ci sono anche uomini che scelgono le donne per le loro capacità, per il loro intuito, per il loro curriculum, così come ci sono uomini assolutamente inadeguati al ruolo ottenuto. E ci sono donne che hanno raggiunto traguardi inarrivabili solo grazie alle quote rosa, ma che se esistesse un mondo idilliaco, dove la parità esiste al 100%, non sarebbero mai arrivate a certi traguardi, proprio perché incapaci.

Detto questo, il difficile periodo da cui siamo usciti credo che ci abbia dimostrato una volta per tutte che il vero problema non è essere donne, ma essere famiglie.

Perché? Perché le scelte di chi ci amministra sono state spesso incoerenti: ci davano delle informazioni, ma le scelte messe in atto le smentivano. E se nel pieno dell’emergenza magari non ce ne rendevamo conto, oggi che siamo più lucidi e tranquilli, cominciamo a realizzare.

Famiglie in crisi

Ognuno di noi in questa crisi si è visto “la categoria più bistrattata”: dai benzinai ai farmacisti, dagli insegnanti ai sanitari, tutti hanno trovato motivi per richiamare l’attenzione sui soprusi subiti. Ovviamente, è normale, perché  aver vissuto sulla propria pelle un cambiamento tanto drastico dello stile di vita, ha messo a dura prova chiunque.

Io penso alle famiglie, che tutt’ora stanno tentando di barcamenarsi per la gestione dei figli più piccoli. Lungi da me l’essere sessista, ma è innegabile che nella maggior parte dei casi, il prezzo più alto lo hanno pagato le mamme, che si sono trovate a fare il triplo lavoro: casalinghe, insegnanti, babysitter…. Anche qualche papà ha fatto lo stesso, ma i casi sono stati obiettivamente rari.

Resta il problema della gestione dei figli: io sono una fortunata. Abito in Trentino e mio figlio frequenta l’ultimo anno di scuola dell’infanzia: io e mio marito lavoriamo, quindi siamo coperti. Fra mille polemiche, il buon vecchio asilo fino al 31 luglio sarà aperto: oggi vedo mio figlio più sereno, perché ha riallacciato i rapporti con i suoi coetanei a ha ripreso una routine di cui aveva bisogno estremo, ma gli amici che non hanno questa fortuna, si stanno destreggiando fra centri estivi e nonni.

Guardando questa situazione, nella mia testa continua a ronzare un pensiero:

Cosa abbiamo insegnato ai nostri figli?

L’esempio che comunica più di mille parole

Distanziamento, diffidenza, razionalità estrema, annullamento di ogni forma di spontaneità e, soprattutto, incoerenza: queste sono le prime cose che mi vengono in mente. Il contatto è insito nella nostra natura, è addirittura l’essenza della continuità di ogni specie e noi umani non facciamo la differenza. I più piccoli, iniziano a conoscere il mondo per contatto. Quando appena nati vengono adagiati sul ventre nudo della mamma, riescono per contatto ad avvicinarsi al seno e ad iniziare a nutrirsi. Il contatto è dunque il nostro istinto primordiale. Insegnare ai bambini a pensare prima di toccare è innaturale: io che faccio un lavoro in cui l’istinto conta spesso più di mille ore di formazione, ho l’impressione che questo approccio sia aberrante e temo che questa pandemia, se non verrà controllata prima possibile attraverso metodi meno invasivi per la mente umana, possa fare dei danni inenarrabili.

La fiducia va di pari passo all’istinto. I bambini spesso anche molto piccoli sanno riconoscere di chi fidarsi anche solo dall’odore della pelle o da uno sguardo: ricordo benissimo che mio figlio ha sempre rifiutato di avvicinarsi ad una conoscente apparentemente innocua, che negli anni, complice l’evoluzione di alcune situazioni, si è rivelata calcolatrice, egoista e capace di danneggiare chiunque le stesse attorno. Se noi insegniamo ai piccoli la sfiducia diffusa, temo che nel lungo periodo, potremmo dire addio a concetti oggi consolidati come quello di “fare rete”, “fare squadra”, “fare gruppo”.

E poi, l’incoerenza: insegnanti con la mascherina in classe, addirittura all’aperto e se distanziati (sta succedendo oggi nelle nostre scuole materne trentine) e senza se accompagnano i loro figli al parco e chiacchierano con altre mamme, o se si incontrano con un gruppo ristretto di amici; regole su regole per usare giochi in sezione o nel parco della scuola (guai a condividere!!!), mentre invece al parco comunale le stesse regole scompaiono come per incanto; scuole chiuse perché ritenute poco sicure, ma bar e ristoranti (giustamente) aperti.

La società come un’azienda

Io credo che amministrare uno Stato, una Provincia, un Comune o una regione non sia molto diverso dall’amministrare un’azienda. E così come il marketing è diventato fondamentale per le aziende, altrettanto dovrebbe diventarlo per le Amministrazioni pubbliche, che spesso peccano di faciloneria nella gestione di comunicazione, ma anche di una carenza di capacità di avere uno sguardo d’insieme ed in questo periodo più che mai ne abbiamo avuto prova.

Negli ultimi anni è emerso sempre con maggiore evidenza come la coerenza premi le aziende, tanto più da quando ci sono i social. Perché non dovrebbe funzionare nello stesso modo con le Amministrazioni? E quando si spendono dei soldi pubblici, non varrebbe la pena indagare anche gli aspetti legati al marketing? Se costruiamo una strada di cui si ritiene ci sia grande bisogno per sgravare dal traffico un insediamento urbano, prima di dare il via ai lavori, non avrebbe forse senso chiedersi se verrà effettivamente usata là dove è posizionata?

Io credo che da questo punto di vista, ci sia ancora moltissimo da fare e che il marketing, se fatto in modo etico, possa essere di grande aiuto in qualunque settore. E mai come oggi, la pubblica amministrazione ne avrebbe molto più bisogno dopo le elezioni che prima.

 

Comments (2)

  1. Giorgio

    Ho letto questo articolo davvero tutto d’un fiato. Sono d’accordo con la tua riflessione. Per quel che posso dire, dal mio punto di vista.

    1. Cristina Zanghellini

      Grazie Giorgio, speriamo che le cose cambino, però. Serve nuova consapevolezza.

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